Il Pian delle Femene
Ehi Manuel, cos’hai scelto per il terzo check point?” “Voglio affrontarlo il secondo giorno. Rientrerò a valle e ripartirò da Sottocroda salendo Via degli Alpini. E tu?” “Preferisco restare in quota, bivaccare nei pressi del San Boldo e prendere La Caldella”
Che scegliate una o l’altra opzione, vi unirete tutti nello stesso tratto di strada che conduce al pianoro de La Posa, un eccezionale punto di osservazione in cui lo sguardo spazia indisturbato sulla sottostante Valsana, i laghi di Revine e la pianura veneta. Non a caso, qui troverete anche Luigi e i ragazzi della scuola di parapendio Little Wings.
Ora non vi resta che proseguire verso est, a quota piuttosto costante, fino al Pian delle Femene, il vostro prossimo check point. Questa sella, che mette in comunicazione la provincia di Treviso con il Canal di Limana e la Valmorel, è citata anche su “Valichi stradali d’Italia. Catalogo di 4000 valichi italiani”, l’imponente lavoro di ricerca condotto da Georges Rossini, inseparabile vademecum per tutti coloro che vogliono conoscere e percorrere le strade montane e collinari che conducono ai valichi italiani.
Compreso tra il monte Cor e il Boral, attorniato da tondeggianti alture, il Pian delle Femene è ricordato come uno dei luoghi della Resistenza partigiana nel corso della seconda guerra mondiale. Qui, nel settembre 1944, durante il massiccio rastrellamento nazifascista, si unirono le brigate Mazzini e Tollot per raggiungere il Pian Cansiglio, base della divisione d’assalto Garibaldi. Oggi, oltre ad una stele in ricordo di quegli eventi, possiamo trovare il museo della resistenza intitolato a Agostino Piol, medaglia d’oro al valor militare, ed il monumento alla Donna Partigiana dello scultore Gianni Pezzei.
“Narrano della loro decisione di raggiungere la montagna e lottare per la libertà, la difesa della propria terra, per il raggiungimento della giustizia sociale. Il loro motto è ancora quello di allora: è sempre il tempo per resistere all’ignoranza e alle barbarie.”
Il suo nome, “Piano delle Femmine”, sembra non avere alcune origine mitologica, ma fare riferimento, più prosaicamente, all’attività di scambi di merci con la pianura trevigiana, come racconta Paolo Dalla Vestra su uno dei tanti quaderni di “Oronimi Bellunesi”, frutto di un complesso piano di studi di toponomastica montana. Tabacco, grappa e prodotti caseari venivano affidati alle donne perché meno sospette o perché, come suggeriscono altri, potevano convincere i controllori a chiudere un occhio mettendo in luce le loro grazie.
Lì in un angolo, dove un tempo si fabbricava il carbone con la legna del nocciolo, l’agriturismo Casera Vecia sarà il vostro punto di incontro, una preziosa sentinella tra le valli bellunesi e trevigiane.
Scritto da Davide Fioraso